GAVeCeLT - Aprile 2019

Cari amici e colleghi,

            Si è concluso poche settimane fa il primo importante evento congressuale GAVeCeLT dell’anno, ovvero la prima edizione del convegno GAVePed, che ha visto la partecipazione di una quarantina di relatori d’eccezione, scelti tra gli infermieri e i medici che nel nostro Paese più si stanno dando da fare per modernizzare il mondo degli accessi venosi pediatrici e neonatali (e ce ne è bisogno!). Anche stavolta abbiamo avuto un tutto esaurito, sia nei due corsi precongressuali del 1 marzo che nelle sessioni congressuali del 2 marzo. Segnaliamo a tutti gli interessati che le presentazioni del convegno sono già disponibili in formato pdf nella sezione documenti del nostro sito (e scaricabili gratuitamente).

            L’attività del gruppo GAVePed (lo spin-off del GAVeCeLT dedicato al bambino e neonato) sarà particolarmente intensa in questa prima metà del 2019: sono previsti corsi GAVePed a Trento, Reggio Emilia, Napoli, Trieste, Roma, Sassuolo e in altre sedi (vedi il calendario degli eventi sul nostro sito).

            Riprende poi – come tutti gli anni - la serie di Workshop del Master Accessi Venosi della Università Cattolica di Roma: i primi argomenti trattati saranno i Midline e i mini-midline, i PICC-port e l’uso della ecografia per tip navigation e tip location: siete tutti invitati (la partecipazione è libera e gratuita).

            Abbiamo anche pensato di segnalarVi una serie di eventi internazionali particolarmente interessanti (vedi calendario eventi), tra i quali gli eventi annuali di alcune società ‘gemellate’ con il GAVeCeLT: GIFAV (Francia), GruMAV (Spagna), CVAA (Canada), AVAS (Australia) e AVA (USA).

            L’anno si concluderà con l’evento congressuale GAVeCeLT 2019, che prevede - in un tour de force di tre giorni a Verona (presso il Centro Congressi della Fiera) - ben tre eventi: l’XI Congresso GAVeCeLT, il Secondo Convegno GAVePed e il XIII PICC Day. TeneteVi liberi fin da ora!

            Buon lavoro a tutti

            mauro pittiruti

            

L’ARGOMENTO DEL MESE:  UN DOCUMENTO SBAGLIATO

Ci riferiamo ad un documento attualmente in circolazione su web, attribuito al ‘Working Group Nursing’ dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica): ‘Linee di indirizzo per la gestione degli accessi vascolari centrali a medio e lungo termine nel paziente oncologico’.

In realtà, la iniziativa – almeno sulla carta – si direbbe meritoria. Il settore oncologico infatti necessita di dispositivi per accesso venoso centrale per la somministrazione sicura dei chemioterapici, ed è importante che la gestione infermieristica di tali disposiitvi  sia basata sulle evidenze scientifiche così come vagliate e sintetizzate dalle ottime e recenti linee guida disponibili gratuitamente sul web (si pensi ad esempio alle linee guida EPIC del 2013, alle linee guida SHEA del 2014 e – soprattutto - agli Standard 2016 della Infusion Nursing Society, disponibili sul nostro sito anche in traduzione italiana).

A questo punto però la giustificazione di questo documento AIOM comincia a farsi problematica. Vi era intenzione di preparare nuove linee guida? Sicuramente no, a giudicare dalla metodologia. Nulla nella preparazione del documento può essere rapportato alla buona pratica della messa a punto di linee guida; sembrerebbe più che altro un documento di consenso da parte di un (apparentemente) vasto gruppo di infermieri italiani impegnati in ambito oncologico. E questo documento di consenso – non a caso - si basa al 95% su quanto scritto nelle linee guida INS 2016. 

Ma è davvero un documento di consenso? Una recente lettera di un gruppo di infermieri IVAS ci mette a conoscenza della vera metodologia di questo documento: sembrerebbe che dopo aver organizzato dei fantomatici ‘gruppi di lavoro’ su vari argomenti, un piccolo gruppo di estensori (chiamato nel testo ‘gruppo di stesura’) abbia preparato autonomamente un documento (quello ora pubblicato) senza sottoporlo agli altri infermieri (tanti) che avevano partecipato al progetto. 

Forse, si potrebbe meglio parlare allora di una ‘consensus di un piccolo gruppo di esperti AIOM’: in realtà, questo ristretto gruppo di esperti (confidiamo che lo siano, anche se i loro nomi sono per lo più sconosciuti nel mondo degli accessi venosi) non fa altro che citare le linee guida INS 2016, da cui però si differenziano per una mancanza di un approccio strategico verso il paziente, per molte trasandatezze e imprecisioni e per alcune raccomandazioni ‘sospette’ non giustificate da evidenze ma ripetute in modo martellante in tutto il documento.

Innanzitutto, l’approccio generale al problema: come ben sottolineato dal commento del presidente dell’IVAS, prof. Mussa, questo documento AIOM manca l’obiettivo fondamentale, quello di mettere al centro della questione il paziente stesso, ovvero la necessità di preservare il patrimonio venoso, di evitare le flebiti e gli stravasi legati all’uso improprio di accessi periferici per chemioterapici vescicanti (brutta abitudine dei nostri centri oncologici), e soprattutto di garantire una qualità di vita adeguata anche durante il lungo trattamento antitumorale. Ad esempio, piuttosto che una tabellina arida contenente l’elenco dei criteri di scelta per l’accesso venoso, ci si sarebbe aspettato da questo gruppo di lavoro infermieristico una forte presa di posizione a favore dell’utilizzo dei dispositivi per accesso venoso centrale per ogni percorso chemioterapico.

Inoltre, accostarsi a questo progetto con l’allarmante premessa che si è voluto scrivere un documento che tenesse conto delle diverse realtà (un documento ‘bottom up’, come si scrive nella presentazione) è già aver sbagliato. Un documento di consenso o una linea guida o delle linee di indirizzo non possono semplicemente prendere atto di ciò che esiste nelle nostre realtà imperfette e difettose di risorse, ma devono – basandosi sulle evidenze scientifiche – indicare in quale direzione occorre migliorare l’assistenza e quali sono gli obiettivi prioritari verso i quali orientare le risorse disponibili.

Ciò posto, le trasandatezze e imprecisioni nel documento sono veramente tante. Ad esempio:

  • la terminologia scelta lascia trapelare come il documento sia stato scritto da colleghi culturalmente fragili in tema di accessi venosi: si parla di port-a-cath anzichè di port (chi è del mestiere sa bene che ‘port-a-cath’ è il nome commerciale di uno specifico modello di port venduto dalla Smiths Medical); ci si balocca con l’acronimo ACV, creato per l’occasione per questo documento (non bastava CVC?); i connettori senz’ago vengono chiamati ‘valvolati’ (laddove chi se ne intende sa bene che la stragrande maggioranza dei connettori senz’ago – con la sola eccezione di Neutron e Neutrox - non contiene alcuna valvola); si parla ahimè di fissaggio ‘suturless’ (anzi che ‘sutureless’);
  • inoltre, si trattano soltanto le problematiche dei PICC e dei port: CICC, FICC e CVC tunnellizzati e cuffiati non vengono proprio presi in considerazione, laddove hanno spesso indicazione nel paziente oncologico;
  • alcune raccomandazioni poi sono imprecise e contraddittorie (basti pensare alla incertezza degli estensori sul limite di osmolarità per la scelta dell’accesso centrale, che varia tra 600 e  800 mOsm/litro da pagina a pagina (per la cronaca: l’INS parla di 900 mOsm/litro);
  • la trattazione delle complicanze rivela come gli estensori siano particolarmente impreparati in questo campo: nel testo si confondono allegramente tra loro tre complicanze molto diverse in termini patogenetici e clinici: la occlusione del lume da coagulo, la trombosi venosa catetere correlata e la guaina fibroblastica (che qui viene ancora chiamata erroneamente ‘guaina di fibrina’);
  • alcune raccomandazioni sono inventate di sana pianta dagli estensori: si veda ad esempio il suggerimento di lavare con fisiologica la cute (??!!) dopo aver tolto la medicazione, prima di disinfettare (pag.17); o che il paziente con Huber inserito possa fare tranquillamente la doccia (pag.14);
  • molte tra le più interessanti novità degli ultimi anni in tema di accessi venosi in oncologia invece sono completamente assenti dal documento (altro indizio che il gruppo di estensori non frequenta gli eventi scientifici ed educazionali di questo settore e che non si aggiorna in modo adeguato): non si parla di PICC-port; né di PICC tunnellizzati; né di colla in cianoacrilato; né di lock antimicrobici non antibiotici; né di feltrini a rilascio di clorexidina (ma per questo forse c’è una spiegazione: vedi più sotto).

Insomma, cosa può aver indotto il Working Group dell’AIOM a diffondere in tutta fretta un documento sbagliato metodologicamente, poco utile al paziente oncologico, disseminato di strafalcioni, e sostanzialmente incompleto?

La risposta forse si può dedurre da due raccomandazioni ‘speciali’  ripetute ossessivamente in tutto il documento: (1) l’utilizzo di medicazioni trasparenti con gel a rilascio di clorexidina (pagg. 14, 18, 26, 59, 63), e (2) l’utilizzo di sutureless con adesivo siliconato (pagg. 17, 26, 59, 61, 63). Se leggiamo in proposito le linee guida EPIC, SHEA, INS, vediamo che le medicazioni con gel a rilascio di clorexidina sono citate come efficaci, così come i feltrini in poliuretano a rilascio di clorexidina (stranamente dimenticati in questo documento), ma non esiste alcuna raccomandazione per il loro utilizzo sulla medicazione dell’ago di Huber (pag.14); inoltre, le evidenze sulla efficacia dei feltrini a rilascio di clorexidina sono altrettanto robuste (e in realtà ancor più robuste) che non le evidenze sulla efficacia dei gel a rilascio di clorexidina. Raccomandazioni riguardanti l’adesivo siliconato sono altresì totalmente assenti da qualunque linea guida!

A questo punto è lecito sospettare (anche se speriamo di aver torto) che dietro questo documento ci sia uno ‘sponsor’ che abbia fatto un po’ pressione sul fatidico ‘gruppo di estensori’, puntando ai propri interessi commerciali più che alla qualità e attendibilità del documento.

Ci auguriamo che l’AIOM voglia revisionare il documento al più presto, utilizzando una metodologia più scientifica, più trasparente e più indipendente, correggendo gli errori sostanziali, e impostandolo in modo tale da farne uno strumento realmente efficace per il miglioramento della assistenza al paziente oncologico.

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